Giacomo Puccini, Italo Svevo e Arturo Rietti

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Giacomo Puccini, Italo Svevo e Arturo Rietti

Ero disperato nel trovare un legame tra Italo Svevo e Giacomo Puccini durante la preparazione della mia conferenza sulle esperienze di Italo Svevo in Inghilterra (dove abitava a pochi passi dalla mia abitazione e dal collegio dove ero docente) per l’università della terz’età di Bagni di Lucca. Insomma, entrambi i geni furono pressoché contemporanei: Puccini nacque nel 1858 e morì nel 1924 all’età di sessantasei anni.

Italo Svevo nacque nel 1861 e morì nel 1928 all’età di sessantasette anni.
Ambedue i due grandi italiani nacquero prima che l’Italia fosse unita. Puccini nacque a Lucca, quando la città faceva parte del Granducato di Toscana, che solo si unì al nuovo Regno d’Italia nel 1861. Svevo nacque quando Trieste faceva parte dell’Impero austro-ungarico e quella città dovette aspettare fino alla fine della grande guerra, nel 1918, per diventare italiana.

Puccini e Svevo furono accoliti wagneriani e fecero grandi sforzi per andare ad ascoltare la sua musica. Svevo era un musicista dilettante ed un violinista abbastanza bravo da suonare in un quartetto d’archi e Puccini non era certo un pianista modesto. Ci sono molte menzioni nelle lettere di Svevo delle sue visite, e del suo amore, per il teatro e per l’opera. Tuttavia, solcando il suo epistolario, non avevo ancora incontrato il nome di Giacomo Puccini. Forse la connessione poteva essere che ambedue erano dipendenti della nicotina e non smisero mai di fumare, rubando perfino da adolescenti (Svevo il denaro – e i sigari metà fumati – di suo padre; Puccini le canne d’organo della chiesa locale) per alimentare l’abitudine?
Il collegamento, però, mi stava guardando in faccia tutto il tempo sulla mia scrivania. L’indizio? Se avete partecipato a uno degli splendidi concerti di “Puccini e la sua Lucca Festival” di Andrea Colombini avrete certamente ricevuto una cartella elegante con, sulla copertina, la copia del ritratto a pastello di Puccini.

Vi siete mai chiesti quale artista abbia dipinto questo ritratto? E’ stato, infatti, un pittore triestino, Arturo Rietti (1863-1943), uno dei migliori amici di Svevo. I due non solo condividevano delle idee simili sull’arte e Trieste irredenta, ma avevano una buona conoscenza della lingua tedesca ed entrambi erano di origine ebraica.

Svevo era diventato dirigente per il suocero nella fabbrica Veneziani di vernici marine a Charlton, Londra e aiutò Rietti che stava avendo problemi finanziari. Alla fine il pittore acquistò fama come uno dei ritrattisti più richiesti e psicologicamente penetranti d’Italia e Rietti offrì di ripagare lo scrittore, ma Svevo non era per niente insistente. Così Rietti rimborsò Svevo nel miglior modo possibile che un artista possa fare: dipingendo un bel ritratto della moglie di Svevo, Livia Veneziani.

Rietti non dipinse mai un ritratto di Svevo. Quasi lo fece, ma quando all’imprenditore, scrittore e giornalista gli fu detto che sarebbe dovuto stare immobile per quattro ore gentilmente respinse l’offerta.

Svevo apprezzò veramente il modo in cui Rietti si era ormai affermato come un artista ricercato e molto sensibile, soprattutto con il pastello misto e il carboncino. Tra lo stile di Boldini e le correnti moderniste del ventesimo secolo, Rietti riuscì a sviluppare uno stile, considerato sorpassato da certi modernisti, in nuove vette di percettività. Come disse : “Un ritratto deve rivelare una verità segreta, profonda, dell’anima del soggetto”.

Un’amicizia altrettanto profonda e grande esisteva tra Giacomo Puccini e Arturo Rietti, mai meglio espressa che in una lettera che il grande compositore scrisse a Rietti:

“Carissimo Rietti, avevo un impegno oggi alle 9! e non ci pensai l’altra sera quando ti dissi di venire da te. Scusami tanto – ma io credo che sarà meglio la mattina come l’altra volta – e allora dimmi quando ti è comodo. Io ci tengo troppo ad esser preso di mira dal tuo grande talento. Aff. Tuo Giacomo Puccini”

Rietti dipinse Puccini tre volte. Il ritratto che appare sulla copertina del “Puccini e la Sua Lucca” di Colombini si trova nel museo del Teatro alla Scala di Milano.
Esiste anche questo ritratto, che il figlio di Rietti donò al Teatro dell’Opera di Roma:

Arturo Rietti, Ritratto di Giacomo Puccini. Roma, Teatro dell’Opera
Arturo Rietti, Ritratto di Giacomo Puccini. Roma, Teatro dell’Opera

Molto più vicino a Lucca è questo terzo ritratto risalente al 1910, che si può trovare nella villa del Maestro a Torre del Lago.

Arturo Rietti, Ritratto di Giacomo Puccini. Torre del Lago, Museo Villa Puccini

Similmente a Italo Svevo, Giacomo Puccini non era del tutto in sintonia con le attuali tendenze moderniste nella ritrattistica. I geni sono sempre sopra il loro tempo. Puccini era andato al di là del verismo ed era entrato in qualcosa di magicamente nuovo e mai più estaticamente espresso che nella sua Turandot. Svevo era andato oltre il naturalismo di Zola e Verga, entrando nelle profondità psicologiche inesplorate della Coscienza di Zeno, che ha scritto un nuovo capitolo nella storia del romanzo italiano.

Come finì la propria vita Arturo Rietti? Le leggi raziali lo amareggiarono. La moglie morì nel 1940 e nel 1943 il suo appartamento fu distrutto dai bombardamenti. Trovò rifugio presso la famiglia Gallarati Scotti a Fontaniva (centro della resistenza antifascista) dove morì di diabete nel 1942.

Arturo Rietti non è solo la connessione tra Italo Svevo e Giacomo Puccini perché aveva dipinto ritratti di loro o della loro famiglia. Rietti è stato anche l’unico artista possibile del tempo che era potuto veramente entrare nella malinconia inquieta che circonda le aure di due delle persone creative più originali d’Italia (e del mondo). Se un’immagine vale più di mille parole, allora le rappresentazioni di Rietti valgono un numero infinito di biografie dei suoi soggetti.

Arturo Rietti, Autoritratto
Arturo Rietti, Autoritratto