La ballerina lucchese Martina Di Riccio: “Bene lo streaming ma non si abbandoni il teatro, casa e luogo simbolo delle arti sceniche”

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La ballerina lucchese Martina Di Riccio: “Bene lo streaming ma non si abbandoni il teatro, casa e luogo simbolo delle arti sceniche”

La ballerina lucchese Martina Di Riccio: “Bene lo streaming ma non si abbandoni il teatro, casa e luogo simbolo delle arti sceniche”

Dopo aver fatto parte di alcune tra le più prestigiose compagnie europee, oggi la giovane ballerina lucchese Martina Di Riccio ha deciso di gettarsi anima e corpo in una nuova impresa: quella di dar vita, insieme a una collega, a una compagnia tutta sua con sede a Milano. Abbiamo fatto una chiacchierata con lei cercando di scoprire i sogni e le difficoltà di chi oggi, nell’era della tecnologia e nell’anno della pandemia, vive di teatro e di arte.

Martina, da Lucca a Milano per inseguire un sogno: quello di dar vita a una tua compagnia di danza. Com’è nata questa tua passione e qual è stato il tuo percorso?

Diciamo che la mia grande passione mi ha portata a scoprire il mondo. Dopo aver iniziato a studiare danza da piccolissima in una scuola di Lucca, infatti, sono volata a Manchester, dove ho frequentato una prestigiosa Accademia internazionale e ho conseguito il diploma di ballerina professionista al Trinity College di Londra. In seguito, armata di scarpette da punta e di tante speranze, ho iniziato a girare in lungo e in largo in cerca di un lavoro in alcune delle più grandi compagnie europee: audizioni interminabili, viaggi scomodi, lacrime e sudore mi hanno portata a coronare il sogno di entrare a far parte di una compagnia, anzi, più di una. Nella stagione 2015/16 ero in Portogallo, con la compagnia Kayzer Ballet, l’anno successivo ho ottenuto un contratto per il corpo di ballo dei miei sogni, l’English National Ballet, quello dopo ancora danzavo con il Balletto di Siena. Nel frattempo, nel 2018, mi sono laureata in Lettere in una Università italiana e ho cominciato a frequentare un corso biennale di recitazione cinematografica, altra mia passione. Cosa mi ha portata a Milano? Ho riflettuto per molti mesi prima di prendere la decisione di trasferirmi nella città della moda e del design e di intraprendere un nuovo percorso da zero. Le mie riflessioni sono partite da una semplice, triste constatazione: in Italia la cultura della danza e del balletto stanno scemando di anno in anno. Nel nostro Paese i corpi di ballo ancora attivi si contano sulle dita di una mano (e non servono neanche tutte le dita), molti teatri sono chiusi o non ospitano più spettacoli di danza all’interno della loro stagione, tantissimi ballerini e ballerine sono costretti a lavorare come freelance, a produzione, con paghe bassissime. La conclusione che ne ho tratto era quella che valesse la pena almeno tentare di fare qualcosa per risollevare le sorti della danza nel nostro Paese, per cercare di tenerli qua i nostri talenti, invece di costringerli a fuggire all’estero. Allora, insieme alla mia collega Adele Di Giovanni, mi sono imbarcata nella titanica impresa di fondare una compagnia da zero. Impresa che, non senza difficoltà, sono riuscita a portare a termine.

Da quanto tempo hai avviato questa compagnia, con chi e di che cosa vi occupate esattamente?

La compagnia Maade Ensamble è attiva dal 2018, conta al suo interno otto danzatori qualificatissimi provenienti dalle più disparate esperienze e si avvale del supporto di Mirko Lanfredini, attore e direttore del Teatro della Verità, con il quale siamo poi entrati in società, che ci ha aiutato con le prime messe in scena delle nostre due produzioni, scritte, dirette, prodotte e interpretate da noi. Ovviamente il nostro intento sarebbe quello di crescere ancora di più e di poter garantire ai nostri danzatori – che, ricordiamolo, sono lavoratori come tutti gli altri – una retribuzione mensile dignitosa e a noi stesse – le cofondatrici – la possibilità di sperimentare, di aggiornarci e di continuare a mettere su spettacoli e tour nazionali e internazionali, ma la strada è ancora lunga e in salita.

La pandemia ha di fatto bloccato ogni attività artistica in presenza: come vi siete organizzati e come vi state organizzando per la ripartenza?

Questo 2020 ci ha messo i bastoni tra le ruote, e neanche poco: 5 spettacoli saltati, di cui uno al Teatro del Giglio di Lucca, 1 solo salvato, ma intaccato dalla pioggia e, ad oggi, ancora nessuna possibilità di organizzare eventuali date di recupero.

Quali prospettive ci sono, oggi, per chi si approccia ad un’attività del genere?

Oggi si parla molto di streaming, di sradicare lo spettacolo dal teatro per dare la possibilità a tutti di fruirne più facilmente. Non sono contro lo streaming né contro la pop-culture, anzi, penso che, se le persone venissero educate un po’ di più all’arte, l’apporto che questa darebbe alla vita di tutti sarebbe da non trascurare. Ritengo, comunque, che il teatro sia un luogo simbolo delle arti sceniche, la loro culla, la loro casa e, pertanto, che non vada abbandonato, ma anzi, salvaguardato e rafforzato. I progetti che abbiamo “in ballo” sono molti, dal recupero degli spettacoli persi, a nuove produzioni all’interno non solo di teatri, ma anche di centri ricreativi, palazzi storici e biblioteche, fino a performances in streaming, appunto. Non nego, però, che come tante altre associazioni del nostro tipo, senza sponsorizzazioni o appoggi da parte di Comuni, Istituzioni pubbliche o Enti privati, la ripartenza sarà molto difficile. Pertanto, se le sorti della nostra bella arte non si risolleveranno, se in Italia non verrà ravvivata la cultura della danza e del teatro in generale, temo che per chi vorrà lavorare in questo campo, ci saranno ben poche possibilità.

Nella nostra società, così frenetica e distratta, che impatto socio/culturale e che funzione sociale può avere la danza?

Fra i principi ispiratori di Maade Ensamble ci sono una grande apertura all’interdisciplinarietà, la volontà di  avvicinamento dei giovani al teatro e alla danza e l’attenzione ai temi sociali, che possono essere raccontati danzando, e alla vita in generale. La danza non è una disciplina “di nicchia”, è bellezza, è aspirazione alla perfezione, è specchio delle emozioni di tutti noi e non va dimenticata. Se, parafrasando il grande filosofo Nietzsche, nella vita non c’è apollineo senza dionisiaco, allora non c’è vita senza danza.