Ma Butterfly doveva proprio suicidarsi?

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Ma Butterfly doveva proprio suicidarsi?

Già nel primo atto dell’opera il motivo ricorrente “della morte” indica chiaramente che l’unico momento di vera gioia goduto dalla giovane giapponese è venato da funesti presagi.

Non ricordo perché un’amica, bellissima centralinista in Mediavalle-Garfagnana a digiuno di opera, mi abbia chiesto il libretto di Madama Butterfly. Lo sfoggio di cultura drammaturgica aveva evidentemente aperto brecce altrimenti impraticabili. Come per incanto, l’innocente ‘mezzuccio’ si tramutò però in boomerang professionale. Analoga a quella giapponese, la tragedia si consumò quando, candidamente, la ragazza mi domandò: «Perché Butterfly si toglie  la vita?». Con azzerata salivazione, mi resi immediatamente conto che non sarei stato convincente. Spero che l’istinto dello scolaretto non abbia risposto: «Perché il farabutto di Pinkerton le porta via il figlio». La risposta sarebbe stata infatti errata, e nettamente fuorviante. Questa domanda innescò una riflessione che ne ha confermato la finezza.

Libretto di Madama Butterfly
Libretto di Madama Butterfly

Già nel primo atto il motivo ricorrente ‘della morte’ indica chiaramente che l’unico momento di vera gioia goduto da Butterfly è venato da funesti presagi. Improvvisamente ed immotivatamente, nel bel mezzo dell’ardente duetto d’amore Butterfly «ha un moto di spavento e fa atto di turarsi gli orecchi, come se ancora avesse ad udire le urla dei parenti». Il ‘profondo’ sta evidentemente facendo opera di demolizione. La prima volta che Butterfly afferma esplicitamente di covare propositi di morte è quando il console le domanda che cosa farebbe «s’ei non dovesse ritornar più mai». Lei risponde che tornerà «a divertir | la gente col cantar, | oppur, meglio, morire». Poco dopo torna con decisione sull’argomento, e l’ambiguità svanisce: «Ah! No, no! Questo mai! | questo mestier che al disonore porta! | Morta! Morta! Mai più danzar! | Piuttosto la mia vita vo’ troncar! […] Ah! Morta».

Madama Butterfly in un'illustrazione di Leopoldo Metlicovitz
Madama Butterfly in un’illustrazione di Leopoldo Metlicovitz

Tutto ciò, ben prima che entri in gioco il figlio. Per quanto impietosito, il console non può pensare che la ragazza parli ‘sul serio’. Non venisse fermato, scenderebbe subito «al piano».

Durante il ‘coro muto’ «Butterfly si pone innanzi al foro più alto e spiando da esso rimane immobile, rigida come una statua». Tali atteggiamenti da monumento funerario non connotano dunque quella ninna-nanna che tanti (anche esponenti della più supponente critica) immaginano nell’‘a bocca chiusa’. Non è la prima volta che Butterfly si trova in questa posizione attestante una grande tensione interna. Ad esempio, quando nel primo atto Sharpless chiede alla fanciulla notizie del padre, questa «si arresta sorpresa; poi, secco, secco, risponde: Morto!».

Butterfly è dunque ampiamente predisposta al suicidio. E’ rivelativo quanto lo stesso Puccini confidò all’amico e giornalista Carlo Paladini prima del debutto di Butterfly:

[…] viene, purtroppo, anco per Pinkerton l’ordine di lasciare Nagasaki. Pierre Loti avrebbe finito qui il raccontino latte e miele, con un mesto rimpianto, un dolce bacio, un tenero addio, una tazzina di tè imperlata di lacrime, e chi s’è visto s’è visto. […] L’assenza dura quattro anni e in questo frattempo Pinkerton piglia moglie. -Birbante.- Non mi trattar male il mio americano. E’ un carattere simpaticissimo, generoso, aperto. Egli non sapeva di aver ispirato una passione così tremenda.

Costume Sketch di Pinkerton  per la rappresentazione del 1904
Costume Sketch di Pinkerton per la rappresentazione del 1904

 

Il turismo sessuale è tutt’oggi all’‘indice’, perlopiù per ragioni giustissime. Ma è pure vero quanto sostiene Pinkerton: «l’amor non uccide». Citate dallo stesso Puccini, anche le fonti letterarie da cui Madama Butterfly è tratta, narrano di un fenomeno assurto ormai a costume, e di donne smaliziate, psicologicamente mature per reggere anche gli aspetti più aberranti della colonizzazione. Basti ricordare Madame Chrysantème di Pierre Loti (1888).

Dunque il suicidio di Butterfly è ingiustificato. O meglio, non è il fallimento del matrimonio con Pinkerton, e neanche l’angosciante allontanamento dal figlio, che determinano il suo infausto gesto.

La causa prima è una nevrosi debilitante, forse di quelle che Freud definirebbe neuropsicosi da difesa. Esse «esprimono un conflitto tra il desiderio e la difesa, e affondano le loro radici nell’età infantile dei soggetti». Quando si sposa Butterfly ha solamente quindici anni. Ma ha già vissuto l’esperienza tragica del padre, il cui suicidio è stato da lei introiettato e mal elaborato, provocandole sconquassi emotivi ed economici. E così, già nell’apparente sereno primo atto di Madama Butterfly vi sono dunque elementi destabilizzanti che preavvertono un finale tragico.

Manifesto di Adolfo Hoenstein per la prima rappresentazione
Manifesto di Adolfo Hoenstein per la prima rappresentazione

La morale è:

1) La gran messe dei dilettanti, quella che ha decretato dall’inizio il successo delle opere pucciniane, si conferma spesso intellettivamente più smaliziata di critici e musicologi (quelli veri), che spesso non notano ‘l’evidente nudità del re’. Senza essere cosciente della sua raffinatezza ermeneutica, la bella creatura richiamata all’inizio ha visto infatti molto lontano.

2) Se non si riconosce la complessità e la problematicità (per Umberto Eco determinante per distinguere la letteratura ‘colta’ dalla ‘popolare’) dei libretti che vedono sempre Puccini in qualità di co-autore, si vivranno sempre dei complessi d’inferiorità nei confronti di Mozart, Verdi, Wagner o Strauss. Alla lunga ciò potrebbe minare quel processo di valorizzazione ancora in corso, che male o difficilmente entra nel vivo delle problematiche più importanti della complessa figura pucciniana. Provinciali paure d’esporsi non devono tacere che, lette, rilette e magari studiate (si pensi solo alla geniale razza dei registi) opere come Madama Butterfly sono dei capolavori già limitandosi al mero tracciato letterario.

 

Articolo pubblicato su LuccaMusica cartaceo nel dicembre del 2003 e riveduto dall’autore nel febbraio del 2018.